Le conchiglie dei molluschi bivalvi sono costituite principalmente da CaCO3 (ca. 95%), con una piccola frazione di materia organica. Se il minerale venisse recuperato dai gusci, si avrebbe una "miniera" rinnovabile e sostenibile di CaCO3 "blu". Le conchiglie, anche dopo l'asportazione della carne, mantengono una certa quantità di sostanza organica. Pertanto, come primo passo della produzione di CaCO3 "blu", è necessario rimuovere i componenti organici, cuocendo i gusci in un forno appropriato, dopo il lavaggio per rimuovere i sali. Successivamente, macinandoli con un'idonea attrezzatura, devono essere trasformati in forma e dimensioni specifiche per ogni prodotto previsto. Per mantenere la carbon footprint, tutto il processo deve essere eseguito in un impianto ingegnerizzato, progettato per operare utilizzando un protocollo verde. Gli scarti derivanti dal processo di cottura potrebbero essere ulteriormente riutilizzati nel settore dell'edilizia, come additivo nelle malte di calce.
Al momento, i gusci di molluschi bivalvi non sono considerati un rifiuto riutilizzabile, mentre possono rappresentare una materia prima seconda rinnovabile a tutti gli effetti. Una nuova regolamentazione, seguita a livello locale e nazionale, sarebbe propedeutica alla creazione di una catena del valore non ancora esistente. In un'ottica di economia circolare, partendo dal recupero dei gusci si può arrivare ad un CaCO3 "blu", assolutamente rinnovabile e sostenibile, in contrapposizione a quello estratto, che attualmente viene utilizzato in ogni applicazione industriale. Ad oggi, non ci sono stati tentativi per valutare l'uso di un CaCO3 derivato dal guscio di questi animali in alcun campo industriale, ad eccezione dell'edilizia (non sostenibile a causa delle grandi quantità richieste) e dei mangimi per pollame. Possibili applicazioni ad alto valore aggiunto possono essere nella produzione di carta, cosmetici e nutraceutici, materie plastiche, vetro, che richiedono quantità limitate di CaCO3.